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Lecce, il suicidio dopo la violenza sessuale: c’è un indagato per la morte di Julie. È un diciannovenne brindisino tradito dal cellulare

Nei guai uno studente universitario identificato dalla Squadra mobile: l’accusa è istigazione al suicidio

Nell'inchiesta sulla morte della studentessa francese, suicida a Lecce dopo una violenza, c'è un indagato. Si tratta di un ragazzo brindisino. Anche lui studente universitario, identificato dagli agenti della Squadra mobile dopo alcuni accertamenti sul cellulare della giovane che è ora sotto sequestro. Potrebbe rispondere di istigazione al suicidio.

Julie studiava Filosofia e aveva 21 anni. Una carriera modello per lei che era arrivata in Puglia soltanto il mese scorso con un programma di scambio internazionale per studenti e frequentava l’UniSalento. È stato un coinquilino a trovarla senza vita, domenica scorsa, nel loro appartamento di via Pappacoda, nel rione San Pio sempre affollato di giovani. La ragazza non apriva la porta della camera e lui, preoccupato, ha lanciato l’allarme.

E ora si cerca di chiarire cosa sia realmente accaduto. Oggi l'autopsia per stabilire le cause del decesso e l'annesso esame per la ricerca di tracce biologiche. L'iscrizione nel registro degli indagati del giovane coetaneo è un atto dovuto per dargli la possibilità di partecipare agli accertamenti tecnici irripetibili e fornire la sua versione dei fatti. Anche il suo cellulare è al vaglio dei tecnici incaricati dalla procura. Il giovane sarebbe stato visto in compagnia della ragazza pochi giorni prima del suicidio e, ai pm, avrebbe raccontato di aver avuto con lei un rapporto consensuale.

Da subito, gli investigatori hanno ipotizzato che la ragazza conoscesse il suo aguzzino, come confermerebbe la violenza avvenuta tra le mura domestiche. In quella stanza dove poi è stata ritrovata impiccata con una corda legata all’armadio.

Alcuni giorni prima del decesso, precisamente il 19 ottobre, accompagnata da due mediatrici linguistiche, Julie aveva chiesto di andare in ospedale. E ai sanitari ha raccontato di aver subito degli abusi, come dimostra anche un referto del Pronto soccorso. «Mi hanno violentata». A quel punto è scattato il protocollo previsto in questi casi, ma la ragazza avrebbe rifiutato sia le visite mediche che la possibilità di denunciare. Si è chiusa nel suo dolore e, poco dopo, ha deciso di togliersi la vita.

Da una prima ipotesi, sarebbe morta per soffocamento. Intanto, gli ulteriori accertamenti stanno facendo emergere una verità ancora più agghiacciante. «Penso che è arrivato il momento di fermarmi qui. Non ne posso più, mi dispiace mamma e papà». Una lettera indirizzata alle persone care e lasciata sul comodino prima di togliersi la vita. Quasi delle scuse e il racconto di una situazione che non riusciva più a sostenere. Non un riferimento specifico alla violenza, ma parole intrise di dolore. «È troppo quello che mi è successo». Di quel terribile giorno avrebbe parlato con alcune amiche, ma non è bastato.

Nelle ultime ore, la mamma di Julie ha pubblicato sui social una foto della figlia con il suo cane. La giovane amava molto gli animali, era l’orgoglio della sua famiglia. Una ragazza studiosa, sin dai tempi della scuola. Era una studentessa brillante. Timida, riservata. In Italia sperava di perfezionare i suoi studi. Per ricordarla, oggi in segno di lutto bandiere a mezz’asta in tutti gli Atenei pugliesi.

Pubblicato su Il Messaggero Veneto