Richard Ford a pordenonelegge: ecco il ritorno di Frank Bascombe
Il Premio Pulitzer ha presentato il nuovo libro con il suo celebre personaggio. «Sono spaventato: che accadrà se Trump tornerà alla Casa Bianca?»
Il nuovo cammino di Frank Bascombe non sarà leggero, come d’altronde non è stata spensierata tutta la sua immaginata vita. «Io Frank lo metto sempre di fronte alle difficoltà perché così dev’essere, la nostra esistenza è fatta di gioia e di dolore nonostante la mia parola chiave, da quando lo “conosco”, è happiness, felicità», spiega il creatore di FB Richard Ford, ottantenne, occhi azzurro cielo, scrittore americano del Mississippi di gran fama nonché premio Pulitzer 1996.
Ford ne ha riempite di risme di carta a proposito di Frank, ben quattro volumi. E con Per sempre (Feltrinelli) ha incrementato la tetralogia con un sentimentale on the road, sebbene chiunque l’abbia seguito e amato questo complesso personaggio, non avrebbe mai sperato di rivederlo. Pure il collega Philip Roth decise di disfarsi di Zuckerman dopo trenta primavere, al contrario Ford l’ha ripreso per il bavero della giacca e riportato dentro la sua fantasia per il più disagevole atto finale: assistere fino alla fine suo figlio Paul al quale è stata diagnosticata un’aggressiva forma di Sla, accompagnandolo per un lungo viaggio verso il Monte Rashmore dove sono scolpite le facce di quattro presidenti Usa.
Ford, che ieri ha incontrato la folla di pordenonelegge 25, ha cominciato da subito a srotolare qualche metro del suo cammino che lui definisce “felice” (è la parola mantra, l’avrà ripetuta mille volte).
«A 37 anni ero in crisi come scrittore. Sulla mia scrivania giacevano dimenticati i primi due romanzi che non ebbero affatto successo. A quel punto fui costretto a reinventarmi. E il primo pensiero si concentrò su cosa scrivere: ecco, dissi, l’oscuro è sicuramente una materia che si fa leggere. Mia moglie replicò: “Ma perché non fai qualcosa di diverso e racconti di un qualcuno che è felice? Sono volati via una quarantina d’anni, da allora, e sono al fianco della stessa moglie, vivo la stessa vita e la stessa identica felicità».
L’infelicità si fa leggere, questo è il “dramma”.
«Oh certo, descrivere cose belle potrebbe risultare noioso, mieloso, al contrario degli effetti negativi di un destino: ti rapiscono. Ed è anche più facile avventurarsi nel melodramma, ben più arduo è avvincere il lettore con il tutto va bene».
Dunque, qual è il senso esistenziale di Frank
«Essere felice nonostante tutto quel che gli capita. In ogni libro preparo per lui prove dure da superare, come un cancro, la morte del figlio più piccolo e, ora, l’ennesimo duro ostacolo da oltrepassare. Ma lui è stato generato per superarle queste difficoltà, attraverso l’immaginazione, il senso dell’umorismo e la sua intelligenza. E quando affrontai la scrivania per plasmare l’ultimo capitolo di Bascombe, mi sono sentito addosso la felicità. Oh me**a, dissi, mi gira ancora in testa la parola felicità. Sono quarant’anni che la percepisco. Bene, allora adesso posso iniziare a comporre. Vorrei concludere con una frase che risale su dalla drammaturgia ebraica: “Se niente è divertente, allora niente può essere serio”».
Quando incontrò Frank per la prima volta?
«Cominciai a plasmarlo nel 1981. Lui è il prodotto di più forze in atto nella mia vita. Era mia intenzione rischiare uno stile serio/divertente. L’essenza delle cose sta proprio in questo dualismo».
Le va di discutere di politica? Che ne dice del duello Harris-Trump?
«In realtà sono piuttosto spaventato. Di fronte ai timori della vittoria di Trump è fondamentale chiedersi: che accadrà semmai The Donald dovesse ritornare alla Casa Bianca? A questa ipotesi c’è da mettersi soltanto le mani davanti agli occhi. La possibilità che lui vinca purtroppo c’è».
L’America è pronta ad avere un presidente donna e di colore?
«Assolutamente sì, siamo prontissimi, è da tanto tempo che siamo pronti».
Abbiamo letto che il suo prossimo romanzo sarà comico. È una fonte attendibile?
«Volentieri lo farei, dipende da quanto vivrò. Picasso dipinse fino a novant’anni e se lui riuscì a mescolare magnificamente i colori sulla tela a quell’età, io che ne ho dieci di meno rispetto al Pablo di quel tempo, confido di poter trasformare le mie nuove idee in un libro».
Pubblicato su Il Messaggero Veneto