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Umanità senza barriere, missioni e sconfinamenti dal diario di un poliziotto

Nelle librerie l’opera di Giuseppe Colasanto “Oltrefrontiera”: il volume edito da Gaspari è stato presentato a Udine

UDINE. È stato presentato venerdì 28 giugno alla libreria Feltrinelli di Udine il libro di Giuseppe Colasanto “Oltrefrontiera” edito da Gaspari. È una testimonianza delle realtà di frontiera e dei fenomeni migratori raccontata da un funzionario di Polizia. Nel corso dell’incontro l’autore ha dialogato con il giornalista Fausto Biloslavo.

***

Ho passato gran parte della mia vita professionale a violare frontiere. A seconda delle occasioni, ho finto di essere kosovaro, romeno, curdo iracheno, moldavo, oppure ho tenuto nascosto il mio vero lavoro per attraversarle indenne.

Ho avuto così l’opportunità di raccontare quanto le frontiere possano essere luoghi avventurosi. E molto spesso anche pericolosi. Ma sono convinto che un mondo senza frontiere sarebbe perfino più disastroso di questo in cui stiamo vivendo.

L’ideale di una geografia no borders, senza confine, è infatti un ideale. E lì si spera che rimanga. Serve una grande e rara coesione di scopi, di fatiche e di fiducia per far cadere le frontiere. L’Europa ne è il raro e difficile esempio, tanto da non essere ancora pienamente compiuto.

Un’umanità senza frontiere trasferirebbe ovunque non soltanto le sue ricchezze culturali, ma anche i suoi eterni conflitti. La frontiera diventa così un filtro necessario di protezione e rispetto reciproco, tra due o più comunità, o almeno questo dovrebbe essere. Quando manca il rispetto e la frontiera si sposta, di solito scoppia una guerra.

Quando la geografia impedisce la sorveglianza della frontiera, le persone che l’affrontano rischiano la morte. Lo vediamo nelle cronache quotidiane e lo leggiamo in questo libro. Quanti sforzi, molti dei quali poi falliti, per istituire il pattugliamento dei confini che attraversano il deserto del Sahara in Libia. Quanti morti e quanto dolore tra le sabbie e poi nel mare Mediterraneo.

Era inevitabile che, prima o poi, le mie rotte si incrociassero con quelle di Giuseppe Colasanto. Ci siamo incontrati a Udine, durante una delle belle manifestazioni dell’associazione culturale Vicino/Lontano. Ma lui, anche per il suo lavoro nella polizia di Stato, mi conosceva già. Questo suo libro, che raccoglie decenni di esperienza e riflessioni, è un dono per tutti noi, viaggiatori ma anche semplici lettori: Oltrefrontiera è il racconto di una vita trascorsa a studiare e frequentare frontiere, là dove la loro assenza ha provocato lutti e sofferenze.

Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Libia, Albania, Ucraina e le italiane Lampedusa, Ventimiglia, Trieste. Non è soltanto lo sguardo di un dirigente di polizia tra i più preparati. Ma anche di un uomo che si ritrova, frequentando i bordi del pianeta, al centro della storia contemporanea. E ci aiuta a capirla.

Scopriamo così, in queste pagine, che i confini non si consolidano con la forza, ma con l’intelligenza, la sensibilità storica, la filosofia e la necessaria umanità. Anzi, quando la forza armata sostituisce tutto il resto, è il momento del caos e della crisi. È l’attimo in cui la frontiera, da luogo dal quale si può guardare e andare oltre, diventa muro, barriera o terra di nessuno.

Le pagine che rivelano le fatiche compiute dagli inviati dell’Unione Europea in Libia ne sono l’esempio. La guerra civile è corsa più veloce degli accordi.

E il mancato governo delle frontiere meridionali che attraversano il deserto contribuisce, ancora oggi, alla morte di migliaia di persone tra le dune e le onde del Mediterraneo.

Una tragedia dovuta soprattutto all’assenza di frontiere alternative e legali, che permettano all’Europa di rispondere alla sua profonda crisi demografica con una nuova stagione di fiducia verso il mondo che si affaccia ai suoi confini.

Ciascuno di noi conserva il suo primo ricordo di una frontiera. Il mio si divide tra Ponte Chiasso, vicino a Como, e Grado, l’isola più famosa dell’omonima laguna. Da bambino, un’estate di tanti anni fa, i miei genitori mi portarono in gita in Svizzera.

Al confine, mi accorsi che in Italia gli orologi segnavano le tre del pomeriggio mentre al di là, a Chiasso, erano le due: gli svizzeri non avevano ancora aderito all’ora legale. Una scoperta apparentemente banale, che però mi fece capire quanto perfino il nostro tempo dipenda da convenzioni condivise.

Esattamente come i confini.La sera in vacanza, invece, durante gli anni più bui della Guerra fredda, guardavo da Grado le deboli luci della costa oltre Trieste e cercavo di immaginare come fosse la vita al di là della Cortina di ferro, in quella che era ancora la Iugoslavia. Quello sguardo, attraverso l’oscurità del mare, e quella costellazione luminosa e straniera in realtà ci univano. L’origine latina della parole confine racchiude infatti il tema di “delimitare insieme”.

Frontiera deriva invece da frons. Un sostantivo che ha due significati: fronte, espressione, volto, faccia, ma anche fronda, fogliame. E l’immagine va subito ai chilometri di sentieri di calcare e foglie calpestati nel tempo da passatori e contrabbandieri attraverso il Carso, le valli tra Lombardia e Ticino, le Alpi tra Italia e Francia. Leggendo questo bel libro scopriamo anche che la prima frontiera, oltre la quale vogliamo o non vogliamo spingerci, è sempre dentro di noi.

Se, con umanità, conoscenza storica e intelligenza filosofica, consolidiamo la fiducia in noi stessi e negli altri, la frontiera diventa oltre frontiera. Ed è quanto la straordinaria testimonianza di Giuseppe Colasanto ci insegna.

Pubblicato su Il Messaggero Veneto