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Mattarella al Maxxi per i 75 anni della Costituzione: il Presidente inaugura l’opera “Non uccidere”

Il museo romano celebra l’anniversario della Carta con un progetto commissionato all’artista Emilio Isgrò e all’architetto Mario Botta

Il Maxxi, il Museo nazionale delle arti del XXI secolo, celebra i 75 anni della Costituzione italiana con la produzione di un grande progetto commissionato a due icone dell’arte e dell’architettura contemporanea: l’artista Emilio Isgrò e l’architetto Mario Botta. Dalla loro inedita collaborazione è nata l'installazione «Non uccidere», che è stata inaugurata ieri, sabato 28 ottobre, dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Per questa occasione, il Presidente Mattarella ha insignito il Maxxi di una Medaglia del Presidente della Repubblica. Come spiega Alessandro Giuli, presidente Fondazione Maxxi: «Sono grato ai maestri Isgrò e Botta per questo progetto potente e necessario, che amplifica un imperativo primario, oggi più che mai urgente da ribadire: “Non uccidere”».

Il più solenne degli obblighi etici e morali e principio inderogabile sotteso alla nostra Costituzione. L’installazione «Non uccidere» entrerà nella Collezione del Museo, patrimonio di tutti gli italiani. Ospitata nella piazza Alighiero Boetti, dove ogni giorno centinaia di persone potranno scoprirla, sarà nuovamente esposta in altre sedi e istituzioni «affinché il suo universale comandamento di pace continui a diffondersi'». «Non uccidere» è un progetto museale composto da una grande opera di Emilio Isgrò, un monumentale bassorilievo in pietra del Sinai articolato in undici elementi, e da una spettacolare architettura in cedro del Libano progettata da Mario Botta e collocata nella grande piazza del Museo.

L’opera di Emilio Isgrò riflette sul tema dei princìpi di convivenza sociale alla base di tutte le carte costituzionali. L'artista ripropone le tavole bibliche dei Dieci comandamenti, interpretati come fondamento morale della società civile, sulle cui iscrizioni è intervenuto con la cancellatura, la cifra della sua opera da quasi sessant'anni, lasciando in evidenza solo il quinto comandamento: «Non uccidere». Un messaggio fondamentale, che oggi è sempre più urgente esprimere in tutte le lingue del mondo.

L’opera

Sulle undici coppie di tavole in pietra, la cui forma ricalca quella dell'iconografia classica, i comandamenti sono stati tradotti in altrettante lingue per rendere sempre più universale il messaggio di pace. Sono incisi in rosso «il colore del sangue e della risurrezione» come scrive lo stesso Isgrò, per cui «la cancellatura non è un atto distruttivo. È un dire no per poter dire un sì alle cose che contano, è un elemento di riflessione». Insieme al grande Padiglione circolare di Botta, le tavole cancellate di Isgrò lì conservate danno vita a un unicum in cui arte e architettura entrano in risonanza. Il Padiglione di Botta, formato da ventuno arcate alte oltre otto metri a creare uno spazio potente e iconico, è realizzato con legno proveniente dal recupero di piante tagliate in giardini privati o cadute a seguito di fenomeni atmosferici.

«Come artista - ha detto Isgrò - ho sempre lavorato con mille mani aperte e tese, quelle del pubblico, quelle della critica, che mi sostenevano nei momenti più difficili del mio impegno culturale e creativo. Persino i critici meno affettuosi nei miei confronti mi hanno aiutato, giacché ho trasformato le loro cancellazioni in opportunità di crescita, fondate o infondate che fossero le loro opinioni. Questo è il senso profondo del mio cancellare. Dire no alla morte dell'uomo per dire un sì potente alla vita». «Non facilmente allineabile - ha continuato - come artista (e di questo mi rammarico) non speravo che un giorno avrei trovato un amico, un meraviglioso compagno di viaggio che mi consentisse di lavorare finalmente “a quattro mani”, mettendo per una volta da parte il triste Narciso che noi artisti ci portiamo dentro per colpa della nostra solitudine e insicurezza. Il nome di questo amico, l’architetto Mario Botta, mi è stato proposto dal Maxxi. Era proprio il nome che desideravo: giacché da almeno 30 anni io e l’architetto svizzero ci auguravamo a ogni incontro di fare qualcosa di serio insieme. Io avevo pronta la mia idea, lui aveva pronta la sua. Si sono combinate insieme come in una fusione a freddo che di sacro ha soltanto l'amore per l'arte e per la Costituzione repubblicana che ci invitano a celebrare».

Pubblicato su Il Messaggero Veneto