Il coraggio secondo Farian Sabahi: «Se togli il velo il regime crolla»
La giornalista italo-iraniana a Cervignano per raccontare la condizione delle donne di Teheran
Le donne di Teheran saranno a Cervignano, attraverso il racconto di Farian Sabahi, docente universitaria e ricercatrice senior in Storia contemporanea all’Università dell’Insubria, pluripremiata giornalista italo-iraniana che porta con sé l’Occidente e l’Oriente, duplici radici e prospettive culturali in dialogo tra loro. Una ricchezza di vedute, esperienza, osservazione, studi e vissuto, con cui farà luce sulla condizione delle donne in Iran e su un paese incantatore e contradditorio, dialogando con Rita Maffei venerdì 13 ottobre, alle 21, al Teatro Pasolini per il Festival del Coraggio.
Noi donne di Teheran (Jouvence Editore) è il titolo del libro di Sabahi. In quel “noi” c’è lei nella scrittura in prima persona, ci sono le donne della sua terra iraniana e forse, alla fine, tutte le donne. Il volume si sviluppa in tre sezioni che in qualche modo si interrogano, si rispondono.
Nella prefazione, Sabahi racconta la storia di Mahsa. «Quel giorno forse le spuntava una ciocca di capelli dal velo»: è questa l’immagine della ventiduenne caricata sulla camionetta dalle poliziotte per essere condotta nel centro di riabilitazione dove avrebbe dovuto imparare “come vestirsi”.
Era il 13 settembre 2022. Mahsa viene picchiata. Muore dopo tre giorni. “Incidente” è la versione ufficiale. Una vicenda da silenziare. E invece il funerale si trasforma in una manifestazione di protesta.
La sua morte diventa una miccia, scrive l’autrice: «A scendere in strada sono anche quelle madri che hanno sempre indossato il velo, e anche il “chador”, ma non vogliono che le loro figlie siano obbligate a metterlo e, tanto meno, che siano arrestate e uccise.
Il foulard che copre i capelli è la punta dell’iceberg di un sistema che maltratta le donne. I diritti delle iraniane sono sempre stati un percorso a ostacoli».
Il velo è un simbolo, ma anche un obbligo: «L’obbligo del velo sta alla Repubblica islamica come il muro di Berlino stava al comunismo: tolto l’obbligo, potrebbe crollare tutto un sistema politico».
Leggendo la storia di Mahsa ci chiediamo cosa ci fosse nella sua ciocca. La libertà, la vitalità, la ribellione di tutte le donne iraniane? Con lucida, schietta e profonda conoscenza Sabahi spiega: «La donna che si taglia i capelli da sola è considerata indecente e dà scandalo, si ribella alle regole del patriarcato e rivendica il diritto di decidere da sé».
La seconda parte è un testo teatrale, «un frammento della verità che è uno specchio andato in frantumi». L’autrice sceglie la forma del reading, forse perché il teatro ha in sé la forza della piazza, delle manifestazioni, delle proteste per Mahsa, del vissuto.
Forse perché in esso la parola diventa voce e corpo. Sabahi scrive che Teheran è una città divisa, informe, nuova, dal nome misterioso, contradditoria, simile a «una donna che sa di non essere bella e fa buon uso delle sue armi di seduzione».
Ci fa sentire cosa significa essere bambine e donne a Teheran. La città in cui lei è sempre arrivata di notte sarà capace di vivere una nuova alba di diritti e libertà? «Fin da bambina ho impressa l’immagine del nuovo giorno che nasce».
L’Iran è anche un paese multiculturale, colto e istruito, di donne che studiano, lavorano e praticano sport, ma non possono andare allo stadio. Paese di intellettuali che si impegnano, sognano, resistono.
Chiude il libro un’intervista al Premio Nobel Shirin Ebadi, una vita in esilio, raccontata con un «velo di tristezza» per il futuro dell’Iran. Cita versi in persiano: rievocano una «tristezza» che è «tempo felice», una città che «sorge dalle rovine» e un «ruggito» interiore che pervade tutto l’universo.
Sabato Sabahi parlerà anche agli studenti, sempre al Pasolini, alle 9. A loro spiegherà cosa significa essere giovani in Iran. A loro, che hanno il futuro tra le mani, arriverà il messaggio più importante.
Pubblicato su Il Messaggero Veneto