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Papa Francesco non presiede la Via Crucis al Colosseo, seguirà da Santa Marta. In carrozzina alla celebrazione del pomeriggio in San Pietro

Troppo freddo per partecipare in presenza

VATICANO. Il Papa non seguirà in presenza la Via Crucis quest'anno ma la seguirà dal Vaticano. Precisamente, da Casa Santa Marta e si unirà alla preghiera di coloro che si raccoglieranno con la diocesi di Roma al Colosseo. La decisione è dovuta al freddo intenso di questi giorni, come fa sapere il Vaticano.

Il Papa entra in San Pietro in carrozzina e non si inginocchia

Alle ore 17 di oggi, Venerdì Santo, il Santo Padre Francesco ha fatto il suo ingresso a San Pietro in carrozzina e nel totale silenzio dei fedeli. Papa Francesco presiede nella Basilica Vaticana la celebrazione della Passione del Signore. Durante la Liturgia della Parola verrà letto il racconto della Passione secondo Giovanni e infine prenderà la parola il Predicatore della Casa Pontificia, P. Raniero Cantalamessa, che terrà l'omelia. La Liturgia della Passione prosegue con la Preghiera universale e l'adorazione della Santa Croce e si conclude con la Santa Comunione.

Francesco ha fatto il suo ingresso a San Pietro in carrozzina e nel totale silenzio dei fedeli. Come era già accaduto lo scorso anno, il Pontefice non si è prostrato a terra, gesto previsto all'inizio di questa celebrazione e che Papa Francesco ha potuto fare fino al 2021. I dolori al ginocchio e le condizioni generali di salute del Papa hanno portato negli ultimi tempi a modifiche nelle celebrazioni, tra le quali proprio questa del Venerdì Santo, in cui tradizionalmente i Pontefici entravano in basilica senza scarpe, a capo scoperto e si stendevano a terra in segno di penitenza.

Le parole del Papa nella Basilica di San Pietro

Bergoglio ha seguito la funzione seduto su una cattedra posta all'altezza dell'incrocio del transetto, pronunciando la preghiera e ascoltando l'omelia dopo la lettura del Vangelo della Passione e Morte di Cristo secondo San Giovanni.

«Dio onnipotente, nelle tue mani sono le speranze e i diritti degli uomini, assisti chi governa affinché promuova una pace duratura, la prosperità dei popoli e la libertà religiosa», ha detto il Papa, «Dio che annienti le guerre e abbassi i superbi, allontana dall'umanità dolori e lacrime. Tu che sei Consolazione degli afflitti ascolta il grido di coloro che sono nella prova».

«Al di là del bene e del male», è stato un grido di battaglia di Nietzsche, «ma al di là del bene e del male c'è solo 'la volontà di potenza, e noi sappiamo dove essa conduce», ha spiegato nella sua omelia il cardinal Raniero Cantalamessa, il Predicatore della Casa Pontificia.

«Esso é stato declinato nei modi e con i nomi più diversi, fino a diventare una moda, un'atmosfera che si respira negli ambienti intellettuali dell'Occidente post-moderno. Il denominatore comune di tutte queste diverse declinazioni è il totale relativismo in ogni campo: etica, linguaggio, filosofia, arte e, naturalmente, religione. Nulla è più solido; tutto è liquido, o addirittura vaporoso. Al tempo del romanticismo ci si crogiolava nella malinconia, oggi nel nichilismo».

«Come credenti è nostro dovere mostrare che cosa c'è dietro, o sotto, quel proclama, e cioè il guizzo di una fiamma antica, l'improvvisa eruzione di un vulcano mai spento dall'inizio del mondo», ha aggiunto, «Il dramma umano ha avuto anch'esso il suo 'prologo in cielo, in quello «spirito della negazione» che non accettò di esistere in grazia di un altro. Da allora, egli non fa che reclutare sostenitori della sua causa, primi tra essi gli ingenui Adamo ed Eva: «Sarete come Dio. Conoscerete il bene e il male!».

All'uomo moderno, tutto ciò non sembra che un mito eziologico per spiegare il male del mondo. E - nel senso positivo che oggi si da' al mito - tale esso è in realtà! Ma la storia, la letteratura e la stessa nostra esperienza personale ci dicono che dietro questo mito c'è una verità trascendente che nessuna narrazione storica o ragionamento filosofico potrebbe trasmetterci».

Anche Giovanni Paolo II nel 2005 rinunciò a partecipare alla Via Crucis

Non è la prima volta che un Papa non partecipa in presenza all'appuntamento che ricorda la morte di Gesù. Prima di Francesco, infatti, già Giovanni Paolo II, nel 2005, a causa delle sue condizioni di salute fu costretto a saltare l'appuntamento del Venerdì Santo a cui teneva tanto.

Quella Via Crucis di 18 anni fa è passata alla storia per la drammatica immagine di Wojtyla inquadrato nella sua cappella privata appeso alla Croce. Lui, il Papa della comunicazione che comunicava al mondo la gravità del suo stato di salute. Si mostrava a tutti senza filtro alcuno. Un manifesto del suo lungo pontificato segnato da tanta sofferenza e da un attentato subito.

Era il 25 marzo 2005 e Wojtyla mandò un messaggio ai partecipanti per testimoniare la propria vicinanza spirituale. Già la Domenica delle Palme, però, il Papa polacco si era mostrato sofferente più del solito. Si affacciò dalla finestra di San Pietro per la Benedizione, ma non parlò.

La Domenica di Pasqua non fu in grado di celebrare la Messa e non riuscì a leggere il Messaggio «Urbi et Orbi». Il messaggio fu letto dal cardinal Sodano. Era il 27 marzo.

L'ultima apparizione pubblica di Giovanni Paolo II è datata 30 marzo 2005 quando apparve alla finestra su Piazza San Pietro. Pochi istanti in cui provò a far sentire, inutilmente, la propria voce. Poche ore dopo l'inizio del calvario di Giovanni Paolo II. Giorni frenetici con un fiumi di notizie, indiscrezioni e tanta attesa per quella notizia che sembrava non dovesse mai arrivare, ma che arrivò alle 21,37 del 2 aprile. Era il sabato dopo Pasqua e il Papa «venuto da molto lontano» lasciava questa terra.

Come si svolge la Via Crucis di stasera

Un giovane ucraino e un giovane russo potrebbero pregare insieme stasera, alla Via Crucis. Dovrebbe accadere alla decima stazione («Gesù è spogliato delle vesti»). «Voci di pace dai giovani dell'Ucraina e della Russia" è il titolo della meditazione in cui i due ragazzi dovrebbero raccontare la loro esperienza. "Gesù, per favore, fa che ci sia la pace in tutto il mondo e che tutti possiamo essere fratelli», diranno i giovani.

La prima testimonianza, sempre secondo quanto trapela, arriverà dalla Terra Santa. «Voci di pace in un mondo di guerra», il titolo scelto dal Papa per la Via Crucis di questa sera. Lo schema della Via Crucis, secondo anticipazioni che trapelano dovrebbe vedere al centro delle meditazioni anche la voce dei migranti che arrivano in Europa dall'Africa, l'appello di giovani dell'America Latina contro il narcotraffico e la corruzione che imperversa nei loro Paesi. E ancora: sarebbe prevista la testimonianza di un religioso della penisola balcanica e di una suora dell'Africa centrale i quali evocheranno in particolare le sofferenze dei cristiani perseguitati.

Il dialogo fra un Russo e un Ucraino

Di nuovo sono sotto la stessa croce ucraini e russi. Come per la Via Crucis dello scorso anno il Papa sceglie di dare voce ad un dolore condiviso. Se lo scorso anno erano due amiche, una ucraina e una russa, che vivevano a Roma, le testimonianze di stasera arriveranno da Mariupol e dalla Russia.

«L'anno scorso - si sentirà stasera nella prima testimonianza -, papà e mamma hanno preso me e mio fratello più piccolo per portarci in Italia, dove nostra nonna lavora da più di vent'anni. Siamo partiti da Mariupol durante la notte. Alla frontiera i soldati hanno bloccato mio padre e gli hanno detto che doveva rimanere in Ucraina a combattere. Noi abbiamo continuato in pullman per altri due giorni. Arrivati in Italia io ero triste. Mi sono sentito spogliato di tutto: completamente nudo. Non conoscevo la lingua e non avevo nessun amico. La nonna si sforzava per farmi sentire fortunato ma io non facevo altro che dire di voler tornare a casa. Alla fine la mia famiglia ha deciso di rientrare in Ucraina. Qui la situazione continua ad essere difficile, c'è guerra da tutte le parti, la città è distrutta. Ma nel cuore mi è rimasta quella certezza di cui mi parlava la nonna quando piangevo: 'Vedrai passerà tutto. E con l'aiuto del buon Dio tornerà la pace».

La parola poi passerà a chi vive la guerra dall'altra parte del fronte: «Io invece, sono un ragazzo russo… mentre lo dico sento quasi un senso di colpa, ma al tempo stesso non capisco perché e mi sento male due volte. Spogliato della felicità e di sogni per il futuro. Sono due anni che vedo piangere la nonna e la mamma.

Una lettera ci ha comunicato che mio fratello più grande è morto, me lo ricordo ancora nel giorno del suo 18° compleanno, sorridente e brillante come il sole, e tutto questo solo qualche settimana prima di partire per un lungo viaggio. Tutti ci dicevano - si legge ancora nei testi della Via Crucis - che dovevamo essere orgogliosi, ma a casa c'era solo tanta sofferenza e tristezza.

La stessa cosa è successa anche per papà e nonno, anche loro sono partiti e non sappiamo più nulla. Qualche mio compagno di scuola, con tanta paura, mi ha detto all'orecchio che c'è la guerra. Tornato a casa ho scritto una preghiera: Gesù, per favore, fa che ci sia la pace in tutto il mondo e che tutti possiamo essere fratelli».

Nei testi le storie che il papa ha vissuto durante i suoi viaggi

I testi proposti quest'anno per le stazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo sono testimonianze ascoltate da Papa Francesco nel corso dei sui viaggi apostolici e in altre occasioni. La raccolta è stata curata da alcuni Dicasteri della Curia Romana.

La testimonianza dei ragazzi che vivono nei campi degli sfollati era stata presentata al Papa nell'ultimo viaggio in Sud Sudan; come anche sempre da Juba arriva la storia della religiosa che ha visto una sua consorella missionaria uccisa e fu raccontata al Papa nell'incontro in cattedrale a febbraio di quest'anno. Dalla Repubblica Democratica del Congo, l'altro Paese recentemente visitato dal Papa, arrivava la storia della ragazza del Nord Kivu dilaniato dalla guerra.

Nei testi c'è anche il racconto della donna che il Papa incontro a Qaraqosh nel viaggio in Iraq nel marzo del 2021. In altre meditazioni si ritrovano le storie di migranti che il Pontefice ha più volte incontrato anche in Italia. E' così svelato il motivo per il quale non siano stati scelti, come invece era sempre accaduto, un gruppo di autori delle meditazioni. E' stato scelto cioè di valorizzare le testimonianze raccolte nei viaggi apostolici e negli incontri con il Papa di queste vittime di guerre e ingiustizie. La raccolta è stata curata da alcuni dicasteri della Curia romana.

La pace in Medioriente, minacciata dalla cultura della violenza e della ritorsione, è al centro della meditazione che accompagna la prima stazione della Via Crucis al Colosseo, che stasera Papa Francesce seguirà da Santa Marta.

«La pace, che tutti desideriamo, non nasce da sé, ma attende una nostra decisione», si legge, «Allora come oggi siamo continuamente chiamati a scegliere tra Barabba o Gesù: la ribellione o la mansuetudine, le armi o la testimonianza, il potere umano o la forza silenziosa del piccolo seme, il potere del mondo o quello dello Spirito. In Terra Santa sembra che la nostra scelta ricada sempre su Barabba». «La violenza sembra essere il nostro unico linguaggio. Il motore delle reciproche ritorsioni è continuamente alimentato dal proprio dolore, che diventa spesso l'unico criterio di giudizio», prosegue la meditazione, «Giustizia e perdono non riescono a parlarsi. Viviamo insieme, senza riconoscerci l'un l'altro, rifiutando l'uno l'esistenza dell'altro, condannandoci a vicenda, in un circolo vizioso senza fine e sempre più violento. E in questo contesto carico di odio e rancore, siamo anche noi chiamati a esprimere un giudizio e a prendere la nostra decisione. E non possiamo farlo senza guardare a quel condannato a morte silenzioso, perdente, ma sul quale è ricaduta la nostra scelta, Gesù».

Cristo, è la conclusione,«ci invita a non usare il metro di Pilato e della folla, ma a riconoscere la sofferenza dell'altro, a mettere in dialogo giustizia e perdono, e a desiderare la salvezza per tutti, anche per i ladroni, anche per Barabba».

Le tremende sofferenze dei migranti tra Italia e Libia sono al centro della meditazione per la seconda stazione della Via Crucis del Colosseo cui Papa Francesco assisterà stasera da Santa Marta. «La mia via crucis cominciò 6 anni fa, quando lasciai la mia città. Dopo 13 giorni di viaggio arrivammo nel deserto e l'attraversammo per 8 giorni, imbattendoci in auto bruciate, taniche d'acqua vuote, cadaveri di persone, fino a giungere in Libia», è il racconto di un migrante, «Chi doveva ancora pagare i trafficanti per la traversata fu rinchiuso e torturato fino a quando non pagò. Alcuni persero la vita, altri la testa. Mi promisero di mettermi su una nave per l'Europa, ma i viaggi furono cancellati e non riavemmo i soldi. Lì c'era la guerra e arrivammo a non far più caso alla violenza e alle pallottole vaganti».

«Trovai lavoro come stuccatore per pagare un'altra traversata», prosegue la testimonianza, «Alla fine salii con più di 100 persone su un gommone. Navigammo ore prima che una nave italiana ci salvasse. Ero pieno di gioia, ci inginocchiammo a ringraziare Dio; poi scoprimmo che la nave stava tornando in Libia. Li' fummo rinchiusi in un centro detentivo, il peggior posto al mondo.

Dieci mesi dopo ero di nuovo su una barca. La prima notte ci furono onde alte, 4 caddero in mare, riuscimmo a salvarne 2. Mi addormentai sperando di morire. Svegliatomi, vidi accanto a me persone che sorridevano.

Dei pescatori tunisini chiamarono i soccorsi, la nave attraccò e delle ONG ci diedero cibo, vestiti e riparo. Lavorai per pagare un'altra traversata. Era la sesta volta; dopo 3 giorni in mare giunsi a Malta. Rimasi in un centro per 6 mesi e li' persi la testa; ogni sera chiedevo a Dio perché: perché uomini come noi devono ritenerci nemici? Tante persone che fuggono dalla guerra portano croci simili alla mia».

«Io sono una persona ferita dall'odio», è un'altra testimonianza, «L'odio, una volta sperimentato, non si dimentica, ti cambia. L'odio assume forme orribili. Porta un essere umano a usare una pistola non solo per sparare a un altro, ma anche per rompergli le ossa mentre gli altri guardano. Ho dentro un vuoto d'amore che mi fa sentire un peso inutile. Ci sarà un Cireneo per me? La mia vita è in viaggio, sono scappato dalle bombe, dai coltelli, dalla fame e dal dolore. Sono stato spinto su camion, nascosto in bauli, gettato su barche pericolanti. Eppure il mio viaggio è continuato per raggiungere un luogo sicuro, che offra libertà e opportunità, dove possa dare e ricevere amore, praticare la mia fede, dove sperare sia reale. Ci sarà un Cireneo per me?».

«Spesso mi viene chiesto: Chi sei? Perché sei qui? Qual è il tuo status? Ti aspetti di restare? Dove andrai? Non sono domande che vogliono ferire, ma feriscono», continua, «Fanno ridurre ciò che spero di essere a un segno sulle caselle di un modulo; devo scegliere straniero, vittima, richiedente asilo, rifugiato, migrante, altro, ma quello che vorrei scrivere è persona, fratello, amico, credente, prossimo Ci sarà un Cireneo per me?».

Pubblicato su Il Messaggero Veneto