Una coppa donata dagli amici del karate: commozione e fiori per l’addio a Cristian
Rudy Zozzoli:mi hai reso il papà più orgoglioso della terra. Centinaia di persone nella chiesa di San Giuseppe a Udine per i funerali
Il pugno battuto sul petto. Come aveva fatto decine di volte all’ospedale di Padova per dare forza al suo piccolo Cri. L’ha ripetuto quel gesto papà Rudy Zozzoli. Prima di salire sul pulpito accanto a mamma Arianna.
Ha rivolto lo sguardo al feretro bianco coperto da un cuscino di rose rosse. E si è rivolto a Cristian, al suo bimbo speciale morto a 10 anni dopo un trapianto di cuore. Gli ha parlato con parole piene d’amore, nella chiesa di San Giuseppe riempita di centinaia di persone.
«Sono il papà di Cristian – ha detto –. È questo quello che ripetevo quotidianamente, più volte al giorno, in ospedale. Il momento della vestizione per entrare in reparto per me era un rituale solenne, un breve, ma intenso momento per raccogliere tutte le mie forze prima della battaglia quotidiana da condurre al tuo fianco, Cristian, il mio piccolo grande guerriero.
I copri scarpe erano i miei schinieri, il camice la mia panoplia, la cuffia e la mascherina il mio elmo corinzio, i miei guanti in lattice il mio scudo e la mia spada. E ci tengo, amore mio, a dire che tutti sappiano che hai lottato coraggiosamente».
Davanti al feretro, i compagni della scuola di karate Okinawa Fight hanno appoggiato una coppa realizzata per lui. Si leggeva sopra “Cristian Zozzoli, grande combattente”. Perché Cri aveva voglia di mettersi in gioco, sempre. E non mollava mai, lui non era capace di arrendersi.
«L’immenso vuoto dentro di me – ha continuato papà Rudy – si riempie della fierezza di essere stato il tuo compagno di armi più fidato e del coraggio che mi hai trasmesso nell’affrontare il vuoto della paura. Abbiamo affrontato quella che ho definito la Stalingrado della endocarditi dove ci volevano giorni e giorni per conquistare centimetri di vita, ma bastava un attimo per retrocedere svariati metri. La tua luce ci spingeva a pregare e crederci sempre di più».
«Ringrazio te mio dolcissimo Cristian – ha proseguito – per avermi reso il papà più fortunato e orgoglioso della terra, per avermi amato incondizionatamente, per aver percorso un pezzettino di strada insieme, per avermi donato dieci anni di vita intensa, dieci anni di piccoli passi mano nella mano, di sorrisi, di felicità, di abbracci, di tenere carezze, di baci, di dolci parole sussurrate, di preghierine della notte e pensieri profondissimi, di successi sempre in punta di piedi, di quell’amore purissimo che ha dato il senso al mio tutto».
Così piccolo Cri e così capace di insegnare tanto. «Hai lasciato nel cuore di ognuno di noi amore e gioia» ha ricordato la catechista Stefania Camania, dopo l’omelia di padre Emanuel che ha concelebrato la messa assieme a padre Giovanni in servizio alla Basilica di Sant’Antonio di Padova. Un lungo applauso ha riempito la chiesa.
Quello stesso che ha accolto il feretro all’esterno sorretto dal papà Rudy, dal nonno Gianni e dagli zii Fabio e Ivan. Mentre le note di Supereroi risuonavano nell’aria, i palloncini sono volati in cielo.
E tutti hanno rivolto lo sguardo lassù, verso quel raggio di sole che squarciava le nuvole, consapevoli dell’insegnamento lasciato da Cri e di cui si è fatto portavoce il papà: «Il nostro mondo ha bisogno di persone come te ed è per questo che nel mio cuore non c’è spazio per la rabbia.
Il mio piccolo grande guerriero mi ha insegnato che c’è un solo modo per trovare serenità e continuare il nostro percorso insieme: essere persone migliori».
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Pubblicato su Il Messaggero Veneto